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La Socialità: caffè, bar, teatro, lo sport, ecc.

Se gran parte delle figure singole sono opere dedicate a donne, quando invece si passa alle figure specie in interni di osterie o cabaret, in genere si tratta di uomini intenti in degustazioni.

E’ forse in queste ambientazioni che Baldessari si esalta e dà il meglio di sé con abili giochi di profondità e luci che definiscono lo spazio, e con ampi spettri cromatici che giungono sino ad apparenti monocromi, specie dopo il 1919.

Questa attitudine, che potremmo definire ‘vernacolare’ , si è definita grazie alla frequentazione di Rosai, e, con lo stesso Rosai, delle varie osterie e trattorie toscane. Esemplificativi, a questo proposito, solo per citarne qualcuno, sono Bar 6, del 1916, Osteria toscana, del 1917, Interno+gente+bar, del 1918 e Giocatori di domino, del 1921, nel quale è lampante il richiamo a Cezanne, cioè alla ricostruzione volumetrica, e greve, dell’immagine dopo che era stata sgretolata da Cubismo e Futurismo.

Ed è un accento che manca al Futurismo appunto non toscano, spesso più impegnato sulle modalità del dinamismo meccanico, oppure del decorativismo cromatico.

Va detto che l’ispirazione non sarà solo confinata alla Toscana, ma anzi Baldessari la cercherà anche nelle sue varie trasferte parigine, tra il 1919 ed il 1921, dove bar e spettacolo li ritroverà uniti nei vari cafè e bistrot della capitale francese.

Ma il tema della socialità Baldessari lo applica anche alla sua grande passione, il teatro, i cabaret, dove l’ambientazione subisce un ulteriore fascino che è quello della scena, con i suoi giochi di luce, degli attori, o delle ballerine, in vorticoso movimento, e degli spettatori avvolti nella penombra della platea. Si veda, ad esempio, il boccascena illuminato di Eden, del 1916, oppure un momento nell’azione scenica fissato in Scene per Teatro spaziale, del 1919. Ma anche momenti di quasi intimità a fine spettacolo, come in Ballerina in riposo, del 1919.

Questo è un ambito dove Baldessari ha usato un po’ tutte le tecniche, dal pastello all’olio al collage, che di volta in volta erano funzionali al soggetto.

Infine, una socialità ulteriore, qui solo accennata, è quella degli svaghi all’aperto, tipo La giostra, del 1920, oppure di una pausa di lavoro sotto la frescura di un albero, come in Raccolta delle arance, del 1921,e così via.

Se gran parte delle figure singole sono opere dedicate a donne, quando invece si passa alle figure specie in interni di osterie o cabaret, in genere si tratta di uomini intenti in degustazioni.

E’ forse in queste ambientazioni che Baldessari si esalta e dà il meglio di sé con abili giochi di profondità e luci che definiscono lo spazio, e con ampi spettri cromatici che giungono sino ad apparenti monocromi, specie dopo il 1919.

Questa attitudine, che potremmo definire ‘vernacolare’ , si è definita grazie alla frequentazione di Rosai, e, con lo stesso Rosai, delle varie osterie e trattorie toscane. Esemplificativi, a questo proposito, solo per citarne qualcuno, sono Bar 6, del 1916, Osteria toscana, del 1917, Interno+gente+bar, del 1918 e Giocatori di domino, del 1921, nel quale è lampante il richiamo a Cezanne, cioè alla ricostruzione volumetrica, e greve, dell’immagine dopo che era stata sgretolata da Cubismo e Futurismo.

Ed è un accento che manca al Futurismo appunto non toscano, spesso più impegnato sulle modalità del dinamismo meccanico, oppure del decorativismo cromatico.

Va detto che l’ispirazione non sarà solo confinata alla Toscana, ma anzi Baldessari la cercherà anche nelle sue varie trasferte parigine, tra il 1919 ed il 1921, dove bar e spettacolo li ritroverà uniti nei vari cafè e bistrot della capitale francese.

Ma il tema della socialità Baldessari lo applica anche alla sua grande passione, il teatro, i cabaret, dove l’ambientazione subisce un ulteriore fascino che è quello della scena, con i suoi giochi di luce, degli attori, o delle ballerine, in vorticoso movimento, e degli spettatori avvolti nella penombra della platea. Si veda, ad esempio, il boccascena illuminato di Eden, del 1916, oppure un momento nell’azione scenica fissato in Scene per Teatro spaziale, del 1919. Ma anche momenti di quasi intimità a fine spettacolo, come in Ballerina in riposo, del 1919.

Questo è un ambito dove Baldessari ha usato un po’ tutte le tecniche, dal pastello all’olio al collage, che di volta in volta erano funzionali al soggetto.

Infine, una socialità ulteriore, qui solo accennata, è quella degli svaghi all’aperto, tipo La giostra, del 1920, oppure di una pausa di lavoro sotto la frescura di un albero, come in Raccolta delle arance, del 1921,e così via.

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